domenica 11 gennaio 2009

ALITALIA - CAI: MANAGEMENT, STATUTO E COMPOSIZIONE SOCIALE

La CAI (Compagnia Aerea Italiana) è dallo scorso mese di novembre una società per azioni, attualmente (30.12.2008) composta da 20 soci - ma i “movimenti” delle partecipazioni minoritarie si susseguono con cadenza settimanale e a questi occorrerà in ogni caso aggiungere il Gruppo Toto, in attesa di definire il closing della cessione di AirOne - con un capitale sociale deliberato di € 1,1 miliardi, di cui allo stato attuale risultano versati esclusivamente € 116 milioni, su un sottoscritto di quasi € 466 milioni; il CdA è composto da 15 membri in rappresentanza dei soci “di maggioranza” della nuova Alitalia.
Il presidente è Roberto Colaninno, patron di Telecom Italia ai tempi del Governo D’Alema prima dell’arrivo di Marco Tronchetti Provera e attuale proprietario del Gruppo Piaggio. L’Amministratore Delegato è Rocco Sabelli, uomo di fiducia di Colaninno. Completano il board amministrativo Salvatore Mancuso (fondo Equinox e vicepresidente Cai), due esponenti di Banca Intesa spa, l’istituto di credito inizialmente advisor incaricato dal Governo nell’estate 2008 di predisporre il piano industriale della nuova compagnia di bandiera e di individuare una cordata di imprenditori nazionali da coinvolgere nel progetto e oggi socio “pesante” e “pensante” di CAI, gli avvocati Andrea Guerra e Carlo d’Urso, Marco Tronchetti Provera (proprietario Pirelli e Pirelli RE), Fausto Marchionni (rappresentante di Fon-Sai, la società di riferimento di Salvatore Ligresti), Angelo Riva (patron delle acciaierie Riva), Gianluigi Aponte (armatore campano residente in Svizzera), Francesco Caltagirone, Corrado Fratini, Francesco Paolo Mattioli (Atlantia, galassia Benetton) e Carlo Toto (AirOne).
Lo statuto sociale (ossia il contratto societario che disciplina i rapporti tra i soci) prevede esplicitamente una clausola di “lock-up” di 5 anni: ciò significa che il trasferimento delle azioni prima del termine di 5 anni è possibile solo attraverso cessioni ad altri azionisti della società di diritto italiano, e dunque non al futuro partner estero, il cui ingresso potrà avvenire per mezzo di un aumento di capitale sociale con offerta di azioni a terzi non soci.
La previsione di una clausola di limitazione alla cessione di azioni della durata quinquennale non nasce da un’esigenza politica (la durata di una legislatura), come troppo spesso si è sentito o letto in questi mesi, ma risponde ad un’esplicita norma di diritto societario che limita a cinque anni la durata massima dei patti parasociali (quale è di fatto la presente clausola).
Proseguendo, lo statuto concede la possibilità, dal 3° anno di vita della società, della quotazione in Borsa.
In CAI attualmente vi sono 4 soci principali: Immsi (Colaninno), Banca Intesa, Gruppo Riva e Atlantia (Benetton), con sottoscrizioni di capitale per poco più di 59 milioni di euro ciascuno.
Gli altri soci sono Ligresti (con Fondiaria Sai – 29 milioni di euro), Toto (quest’ultimo non mediante versamenti in denaro ma attraverso il conferimento dell’azienda AirOne, la cui esatta valutazione è ancora oggetto di trattativa), Marcellino Gavio (quasi 12 milioni di euro), Gruppo Marcegaglia (quasi 6 milioni di euro), Marco Tronchetti Provera (quasi 12 milioni di euro), Angelucci (imprenditore della sanità con poco più di 29 milioni di euro), Fratini (quasi 9 milioni di euro), Fondo Equinox (con poco più di 29 milioni di euro), Carbonelli D’Angelo (quasi 21 milioni di euro), D’Avanzo (quasi 14 milioni di euro), Orsero (quasi 12 milioni di euro), Caltagirone (quasi 12 milioni di euro), e Maccagnini, Edoarda Crociani, Maurizio Traglio, Giuseppe Fontana e il fondo “I2 Capital Portfolio spa“, con sottoscrizioni variabili tra i 6 e gli 8 milioni di euro.
Questa è l’ultima compagine sociale aggiornata a fine dicembre 2008, non si escludono pertanto alcuni intervenuti trasferimenti, stante l’intervento meramente simbolico e non imprenditoriale di alcuni soci.
Comunque, della variegata compagine societaria che raccoglie, salvo rare eccezioni, il “meglio” o il “peggio” della nostra classe imprenditoriale non si può tacere:
· delle condanne penali e civili a carico di Ligresti, Gavio e del Gruppo Marcegaglia all’epoca di Tangentopoli;
· del conflitto di interessi di Marco Tronchetti Provera, di Benetton e di Gavio, soci azionisti in aereoporti nazionali, in altri settori del trasporto e addirittura in alcune società advisors per la determinazione del prezzo di cessione degli assets da Alitalia a Cai stessa;
· dello stato di decozione (fallimento) di AirOne che con quest’operazione eviterà la bancarotta;
· della residenza fiscale “particolare” di Aponte e di Angelucci;
· delle problematiche ambientali e delle continue infrazioni alle norme Ue da parte delle acciaierie Riva;
· dei rapporti simbiotici tra Caltagirone e la politica.
Allo stato attuale manca ancora il socio più importante, il cosiddetto “partner industriale”, ossia la compagnia straniera chiamata a rilevare una quota importante della società per darne continuità e progettualità futura: inutile infatti dire che tutti gli analisti economici del settore sostengono che la competizione internazionale richiede ormai la fusione tra più compagnie nazionali, al fine di ridurre le economie di scala e di offrire copertura globale di rotte; l’esigenza del partner estero è peraltro fortemente sentita anche all’interno dell’attuale compagine societaria di Cai, tenuto conto delle specifiche attività imprenditoriali di ciascun socio.
Tutti i ben informati fanno ormai un solo nome: Air France.
I francesi entrerebbero nel capitale con una quota del 25% (diventando così il socio di riferimento), per un esborso che si aggirerà intorno ai 300 milioni di euro, tra capitale nominale e sovrapprezzo (ossia il plus acquisito dalla nuova compagnia, nel tempo intercorso dalla sua costituzione).
La scelta di Air France, in luogo di altri partner internazionali, Lufthansa su tutti, si spiega principalmente per il fatto che la compagnia francese è già legata dal 2001 alla vecchia Alitalia, tramite il sistema “Sky Team”, che consente alleanze commerciali e industriali a livello globale tra diversi vettori: lo scioglimento del rapporto comporterebbe quindi il sostenimento di una penale in capo a Cai di circa 130 milioni di euro.
Ai francesi la nuova compagnia “nazionale” chiede una quota maggiore dei proventi derivanti dalla vendita in Italia delle rotte intercontinentali gestite da Air France e KLM, oltre alla dislocazione di alcune rotte intercontinentali su Malpensa.
Quanto alla governance, i francesi dovrebbero stare per 5 anni al 25%, in virtù della clausola di “lock up” di cui sopra; alla scadenza, Alitalia sarà di fatto gestita da Air France e da un nocciolo “duro” di patrioti, mentre gli altri realizzeranno.
Per Air France non è infatti prioritario il controllo del 51% del vettore, ma il presidio del fruttuoso mercato nazionale, come risulta peraltro già evidente dal nuovo piano voli di Cai, che privilegia Fiumicino in luogo di Malpensa sia per i voli intercontinentali sia per le tratte di collegamento (cosiddetto “hub”).

Lissone, 06 gennaio 2009

1 commento:

  1. Ieri, 12 Gennaio 2009, Air france è entrata a far parte della CAI con il 25% (323 milioni di euro), perfettamente in linea con le tue azzeccatissime previsioni.
    A noi italiani restano i debiti di Alitalia e la beffa da parte dei francesi per colpa di Berlusconi (i giornali francesi titolano "merci silvio":http://www.lesechos.fr/info/analyses/4818111-merci-silvio.htm) che in nome dell'italianità nell'aprile 2008 fece saltare gli accordi di vendita dell'intera alitalia (debiti compresi) alla stessa Air France per 1,5 miliardi di euro. Ora il debito da sanare di 4-5 miliardi di euro è tutto nostro, per una spesa da 70-80 euro pro italiano.
    Speriamo ora solamente di non dovere soffrire troppo al nord con il ridimensionamento dei nostri aeroporti.
    Berlusconi dovrebbe chiedere ufficialmente scusa per il "pasticcio".

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