mercoledì 18 febbraio 2009

TRATTATO DI KYOTO: LA SITUAZIONE ITALIANA

L’Italia suona la carica?

Forse è troppo presto per dirlo, visto che la situazione è sconfortante. I dati più recenti parlano chiaro: siamo in forte ritardo rispetto agli obiettivi ratificati con il trattato di Kyoto.

I principali siti industriali di Taranto e Brindisi (come apparso in una recente indagine di Greenpeace) appartenenti ad ENEL, EDISON, SARAS e altre, hanno emesso nel 2007 tante tonnellate di gas inquinanti in eccesso rispetto alle quote loro assegnate che viene da chiedersi se non siano da porre sotto sequestro.

La centrale dell’ENEL di Montalto di Castro (VT) ha emesso oltre sei volte la quantità di gas che le era assegnata e occupa orgogliosamente la quinta posizione tra gli impianti più inquinanti della penisola.

Secondo l’INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e delle loro Sorgenti), lo stabilimento dell’ILVA (Taranto) è invece il trionfo della diossina, che nel Tarantino si trova in concentrazioni ormai ben oltre la soglia di preoccupazione ed ha già portato all’abbattimento di bestiame contaminato. Diossina che dal 1997 è classificata dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) come certamente cancerogena e responsabile di malformazione nei feti.

Il continuo parlare di energia da parte dei politici italiani non basta: i contatti con il governo albanese, intesi a valutare la redditività di un’eventuale centrale nucleare italiana su territorio balcano, sembrano non portare a nessuna soluzione. La prospettiva nucleare, al di là delle sue problematiche di fattibilità e di economicità, produrrebbe il primo Kilowattora solo tra 12-15 anni; considerato che il nostro cammino verso gli obiettivi di Kyoto è già in forte ritardo, c’è da chiedersi se sia corretto seguire tale strada.

Nel frattempo c’è chi perde la pazienza: sono le migliori menti italiane al servizio della scienza, le quali, coscienti dell’immobilismo italiano, decidono di mettere la propria intelligenza a disposizione di paesi che hanno le idee ben chiare. E’ il caso del nostro Premio Nobel Carlo Rubbia, emigrato in Spagna per contribuire al rinnovamento del sistema energetico locale in favore di fonti rinnovabili.

E’ certamente questo l’aspetto più vergognoso della realtà energetica e ambientale italiana.

Tuttavia vi sono anche buone ragioni per essere ottimisti:

Nel 2006, in continuità con gli anni precedenti, sono stati installati 9 MW di impianti fotovoltaici e 417MW di impianti eolici.

Nel 2007 il cambio di marcia con 70MW di fotovoltaico e 806MW di eolico e nel 2008 altri 200MW di fotovoltaico e 1010 MW di eolico.

Insomma, la passione per le fonti energetiche rinnovabili è sbocciata e il bel paese sta scoprendo in particolare il piacere di essere baciato dal sole.

Guidano la corsa all’installazione di impianti eolici le regioni meridionali (Puglia e Sicilia su tutte).

L’installazione di impianti fotovoltaici è invece molto attiva anche al Nord, dove Lombardia e Trentino Alto Adige guidano il gruppo.

A quanto detto si aggiunga che la produzione energetica attraverso sfruttamento di biomasse è in notevole aumento.

Certamente il 2009 sarà un anno quanto meno ostico per gli investimenti, vista la crisi globale in corso. Tuttavia in ambito energetico si potrà se non altro contare sulla proroga della detrazione fiscale del 55% per interventi di riqualificazione energetica degli edifici, secondo la legge 27 dicembre 2006 n. 296 rivista dal decreto Anticrisi 185/2008. Tale legge, emessa sotto l’ultimo Governo Prodi, ha indiscutibilmente determinato l’impennata dell’installazione di pannelli solari. Il Governo Berlusconi, dopo avere parzialmente sacrificato l’incentivo per esclusive ragioni di cassa pubblica, ponendo un tetto di spesa annua incompatibile con l’andamento del mercato in questione, é ora saggiamente tornato sui propri passi prorogando nella sua forma originale tale legge che consente di ottenere benefici ai produttori e agli utenti senza gravare sulle casse dello Stato.

Ora più che mai occorre continuità nelle decisioni al fine di infondere sicurezza negli investitori di un mercato che si sta rivelando come il più attrattivo del nuovo secolo e dal quale potrebbe molto probabilmente arrivare la spinta necessaria a superare l’attuale recessione economica.

Più in generale la politica dovrebbe abbandonare la strategia dell’interventismo sulle situazioni di emergenza e convertirsi ad una responsabile gestione a lungo termine favorendo investimenti nel settore ambientale a 360 gradi finalizzati allo sviluppo del paese.

Per fare questo servono uomini lungimiranti al Governo in grado di rinunciare al consenso popolare per riportare il paese sulla strada corretta.

Forse è troppo presto per valutare se saremo in grado di soddisfare i nuovi obiettivi imposti dall’Unione Europea al nostro governo per il 2020, ma ritengo che i cittadini ed i piccoli imprenditori italiani si stiano attivando positivamente prendendo le decisioni che la classe politica dirigente avrebbe dovuto prendere da tempo.

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